Solmeriggio significa introspezione. Solmeriggio è l'anello di congiunzione tra musica d'autore, indie folk e poesia. Solmeriggio è innanzitutto un trio proveniente da Russi (Ravenna) e composto da: Agnese Alteri alla voce, Davide Santandrea alla chitarra e Marcella Trioschi al violoncello. I tre musicisti – dopo aver fatto parte di altre formazioni di culto della zona – hanno principiato la loro collaborazione nel 2016 con l'intento di proporre una musica molto ricercata ed introspettiva.

"Deux Petit Vagues" è una auto-pubblicazione indubbiamente atipica. Non è totalmente esatto parlare di “concept album”, ma non è neanche totalmente sbagliato in quanto le canzoni del disco sono incentrate sul mare, sempre sullo sfondo o semplicemente osservatore delle storie raccontate dai Solmeriggio.

Il disco si apre con "Estinti versi", un brano che suona un po’ come il manifesto programmatico del gruppo, tra introspezione, malinconia sonora (bellissime le trame del violoncello e della chitarra acustica che si incontrano e si intrecciano alla perfezione) e poesia cantata delicatamente.

"In solitudo" continua il lavoro sull'introspezione e sull'inquietudine personale, narrando una storia di mare, di solitudine e incomprensioni. Il mare ovviamente è sullo sfondo anche sonoramente, col suo fluire libero.

"Formentera" cita Prèvert nel testo e ricorda musicalmente i chansonnier francesi più ombrosi, incrociati con lontane atmosfere iberiche e classicheggianti. Esiste anche un videoclip di questa canzone, il quale è semplice eppur efficace (potete vederlo nel sito della band o su Youtube).

"Di terra e acque" è uno dei brani che preferisco del disco. Introdotto da solcature elettroniche sperimentali, si sviluppa in seguito come una canzone più distesa e più solare, grazie alla poesia di Agnese in evidenza a narrare la storia di un pescatore.
"Alba distante, la rete attende/respiro un vento del mattino seguente/mi aspetta il bimbo, lucente sguardo/respiro il vento in un sorriso seguente".

Le suggestioni dark e ombrose tornano su "Come down by the water", altro bellissimo brano che ci riporta alla mente certi tratti di Nick Cave. Alla voce c'è un ospite d'eccezione: Vincenzo Baruzzi dei Doormen. Egli tuttavia non è il solo special guest, in quanto partecipa anche Fausto Fazza Civenni alla tuba (presente anche in altri pezzi del disco).

Si continua su un sentiero intimo attraverso "Arsenico".
"Torni a galla come un legno/quando meno lo vorrei/lascio ancora aperto un poco il sacco/sbircio dentro, maledetta me".
Una ballata dal sapore antico, tra Venus e folk ricercato; c'è anche una sottile ironia dolceamara sullo sfondo, mai gridata e mai sopra le righe.

"I treni della felicità", subito dopo, è un brano toccante, definibile senza dubbio splendido, che alterna momenti delicati a passaggi più movimentati, influenzati dal flamenco; il testo rievoca sentimenti personali anch'essi cantati con estrema dolcezza ed alternati a momenti più graffianti (senza esagerare). Ritorna anche una certa sperimentazione, sebbene non dichiarata, difatti rimane sullo sfondo come cornice del brano. Da elogiare la scelta del tenue delay nella voce finale, commisto ai rumori del treno e ad una morbida elettronica mai invasiva che fan capolino qua e là nelle strofe.

"Larus Fuscus" è un brano strumentale e vagamente psichedelico – se non addirittura progressivo a tratti – che alterna momenti carichi di tensione emotiva ad altri più meditabondi; da notare un chorus straniante che dona al pezzo un'atmosfera molto settantiana.

Sentieri psichedelici – stavolta più dichiarati – vengono battuti su "Allegra" (il titolo è in aperto contrasto con il clima umbratile del brano). Anche la sperimentazione torna in evidenza a spezzare l'andatura del componimento in più punti (complici anche alcuni beat elettronici moderni). Torna anche la voce di Baruzzi, quasi hip-hop nel suo incedere. In questa canzone, fanno capolino anche delle influenze legate all'alternative rock, mai eccessivamente dichiarate, ma nemmeno così nascoste (tale caratteristica appare anche in altri momenti del disco, quantunque sia più spesso dalle atmosfere acustiche).

Che i Solmeriggio non amino le etichette e rimanere rinchiusi in un genere circoscritto appare chiaro anche nell'ultima traccia "Dispersa": la voce di Agnese qui ricorda da vicino Sandy Denny dei Fairport Convention mentre il sound del gruppo si fa una volta di più, ipnoticamente introspettivo. Anche il testo traduce in parole questi sentimenti in un alternarsi di luci ed ombre, ma con una speranza in più sullo sfondo.
"Non posso più restare in questo tempo/vorrei essere viva in un momento/ti sento dentro (...) immobile ti cerco in un granello/disperso il vento di qua".
L'atmosfera è onirica e dolce, con un po’ di elettricità in più: molteplici le influenze della traccia, che si rincorrono e si intersecano alla perfezione.

Le sorprese però non finiscono qui e neanche l'album! Infatti come ghost track appare una cover di "A dream made of water" dei Transgender, band dal quale proviene proprio Davide: una sorta di chiusura del cerchio che conferisce un ulteriore tocco particolare a questo interessante lavoro.

Che altro dire? I Solmeriggio rappresentano una realtà originale che segue la propria strada con personalità. Complimenti a questi ragazzi per le trasportanti sonorità – frutto sicuramente di una dura preparazione – e per essere semplicemente sé stessi (in questi tempi non è certo cosa da poco!) ed è questo proprio il pregio più grande della band: quello di seguire un sentiero personale, che ancora riserva molto da scoprire.

L'album è in uscita a settembre: tenete dunque d'occhio il sito ufficiale del gruppo per scoprire le loro prossime mosse!

 

Francesco Lenzi