Per il sottoscritto, la scena Doom/Stoner/Sludge è tra le più interessanti non solo in ambito metal, ma in tutto il panorama rock perché seppur non sempre sotto i grandi “riflettori dello show biz” – anzi, molto spesso fieramente underground – si tratta forse dell’unica realtà attualmente in grado di portare in alto la bandiera di un certo tipo di musica, partendo da radici lontane ma sviluppandosi in inedite e talvolta rivoluzionarie soluzioni sonore ed in un’epoca di appiattimento musicale e sociale, ciò non va sottovalutato.

Premesse e considerazioni personali a parte, voglio trattare di una band incredibile dal nome massiccio come la musica che propone: Thronehammer.

I Thronehammer sono un supergruppo nato tra Inghilterra e Germania che unisce tre personalità creative della scena metal: la vulcanica Kat Shevil Gillham (storica voce dei Blessed Realm, attualmente attiva anche con i Winds of Genocide e come batterista negli Uncoffined) ,il chitarrista e tastierista Stuart West (ex Obelyskhh ed ex The Walruz) e il polistrumentista Tim Schmidt (attivo con i Naked Star e i Seamounth) che si alterna a basso e batteria (sua anche qualche chitarra addizionale).

Il genere proposto dai Thronehammer è un doom metal epico, dalle tessiture sludge, ma che risulta allo stesso tempo anche melodico e ricco di soluzioni imprevedibili, difatti nelle loro trame sonore si rintracciano molteplici influenze, sapientemente mescolate che danno vita ad un'atmosfera altamente personale.

Usurper of the oaken throne” è il loro primo full-length che arriva dopo uno split 10” con i Lord of Solitude (mentre sto scrivendo la band è in tour con un’altra leggenda del doom, i Lord Vicar): addentriamoci insieme nel contenuto del disco.

Introdotta da glaciali note di synth, “Behind the wall of frost” è la prima traccia dell’album: un trip sonoro mastodontico, dominato da riff massicci di chitarra e organo; in evidenza le melodie inquietanti ma al tempo stesso accattivanti di Kat (non mancano però persino delle devastanti growl vocals); la seconda parte – dopo un interludio dark – si sviluppa verso sentieri epici (con la bella melodia del cantato sempre in evidenza).

Conquered and erased” è un racconto battagliero. Musicalmente si tratta di una lenta cavalcata visionaria che rivela il lato più introspettivo della band. Il consueto mix tra riff-macigno (che riportano vagamente alla mente i primissimi Sleep e i Black Sabbath più sulfurei, ma anche certe atmosfere dei Bathory “epic era”) e melodie ipnotiche, qui si amplia ulteriormente. Il bello dei Thronehammer sta proprio in questo intreccio sonoro che non sacrifica mai una certa cantabilità, anche quando la struttura dei brani si dilata ulteriormente.

Warhorn” è una delle mie canzoni preferite del disco ed è un po' la summa del lavoro dei nostri, difatti intorno ai riff pesantissimi della chitarra di West (e alle perfette cadenze ritmiche di Schmidt), si incastona perfettamente un cantato molto melodico e malinconico. Praticamente è un ottimo esempio di songwriting che si può pensare come il marchio di fabbrica della band: quasi venti minuti di durata che si lasciano ascoltare senza che cali di attenzione (ed anche questo è uno dei pregi dei Thronehammer). In questa ‘mini-suite’ succede poi di tutto: c’è perfino spazio per due interludi acustici e per un finale inaspettato che sa di NWOBHM (Kat dà ulteriore prova di grande performance vocale, superando sé stessa ), oltre a dei synth che fanno capolino con inquietudine ed introspezione ambient (e velatamente psichedelica) solcando la seconda parte della canzone; è il brano doom definitivo!

Svarte Skyer”, subito dopo, è il brano più corto del disco, ma siamo sempre a livello altissimo: anche in questo caso le melodie tratteggiate da Kat e doppiate dai riff chitarristici, si stampano in testa per non uscirne mai più.

Thronehammer” è, in un certo senso, un manifesto programmatico: una macchina da guerra rocciosa che travolge l’ascoltatore con la sua cupa lentezza. La title-track chiude il disco sempre con impeto slow: è un finale che non lascia scampo, in cui il sound si fa ancora più sinistro e raggelante, dominato da un riff assassino che scava negli abissi più oscuri dell’animo umano; la parte vocale fa il resto, epica e misteriosa al punto giusto. La seconda parte, dal sesto minuto in poi, svolta ulteriormente verso un dark sound misterioso che incute timore (tornano pure alcune growl vocals verso la fine e perfino delle tastiere maestosamente spaventose sullo sfondo).

Un ottimo lavoro dunque, questo dei Thronehammer: un disco estremo, ma non nella maniera in cui si è abituati a pensare.

La band ha lavorato duramente e si sente: niente è stato lasciato al caso in questi settantasette minuti di musica; il trio, infatti, non perde mai di vista la qualità delle canzoni e non annoia mai. Un compito decisamente non facile che i Thronehammer portano avanti con originalità e personalità unica, uscendone vincitori.

Ho ancora i brividi lungo la schiena: “Usurper of the oaken throne” è un viaggio sonoro che non lascia indifferenti; ne sono ancora (piacevolmente) scosso.

Consigliato a tutti gli amanti del metal più cadenzato, ma al tempo stesso ricercato, così come a chi non disdegna delle ottime melodie nella musica pesante; ma sono assolutamente convinto che queste sonorità potrebbero affascinare anche i cultori di dark prog settantiano, perché nei Thronehammer convivono moltissime anime, perfettamente bilanciate tra loro e ad ogni nuovo ascolto si scopre qualcosa di nuovo nel loro sound magmatico.

Nuova linfa vitale per il doom; non lasciate che questo gruppo passi inosservato!

Il disco esce il 5 maggio su cd per la Church Within ma è prevista anche un’edizione limitata in vinile.

Francesco Lenzi